I’m dead. (Non c’entra, ma… c’entra, c’entra!)

Telefonate immediatamente a Fox Molder perché io oggi pomeriggio ho studiato. Ebbene sì, ringrazio Luca e Niccolò per avermi minacciato e legato con lacci d’acciaio a gomiti e caviglie al tavolo del loro salotto/cucina/sala_dei_giochi, dalle quattro e cinquanta alle sei e cinque. La preoccupazione in amici e parenti è alle stelle: circa un’ora e quindici minuti senza staccare per un attimo gli occhi dalle fotocopie, finché Niccolò mi ha gentilmente chiesto se volessi un altro caffè, notando che stavo letteralmente dormendo in piedi (seduto). I caratteri neri ondeggiavano come barchette e poi omini e poi cuori e poi sangue fino a formare disegni sconnessi tipo quelli che ti mette davanti lo psichiatra per accertarsi che tu non abbia una doppia o tripla o quadrupla personalità, che tu non sia affetto da Tatangelite acuta insomma.
Oh, ma che ne sapete voi? (Eh, giustamente se non ve lo dico…) Mi s’è incarnita l’unghia dell’alluce destro (ok, parlo come magno: l’unghia del pollicione. È più chiaro adesso?) e mi fa un male cane. Mannaggia a me e al vizio di tagliarla tutta, ma proprio tutta con quelle forbicette acuminate che per errore (non sono un masochista, cioè abbastanza, ma non di quelli che infieriscono sul corpo) mi sono conficcato nella carne, anche con discreto accanimento. Lì per lì solo un fastidio, poi quando ti fai la doccia sembra che vada tutto bene, che il mondo ti sorrida in quel senso di pace estatica sotto il getto calmo dell’acqua che ti lava, poi esci e ti congeli perché hai dimenticato la finestra aperta, ed è là che il pollice comincia a dirti: Bello, qua so dolori! Insomma, mi s’è infettata pure l’anima. Conseguenza: lieve cronico zoppicare corredato da madonne multiple sparate sempre e solo a mente, ogni volta che qualcosa urta la superficie della mia scarpetta provocandomi lancinanti fitte in ogniddòve; sì pure là, problemi?
Poi, vediamo… Luca s’è laureato con un così meraviglioso 110 e lode, come meravigliosi sono stati i nostri regalini. Beh, va detto. Mi stava prendendo un esaurimento nervoso, ma ce l’abbiamo fatta perché Luca ha sparato un inaspettato Wooow!!! alla vista dell’orologio di Armani; ma l’avete visto quant’è bello quel gingillino? (Ho provato a cercarlo su internet, ma il sito di Emporio Armani mi ha aggredito con una colonna sonora tipo deflagrazione, poi è tardi e quindi credetemi sulla parola se vi dico che è bello!) Considerato che a casa mia tutte quelle cosette tecnologiche che si regalano di solito alle lauree sono ormai arrivate alla frutta (il mio cellulare sta per compiere cinque anni e ogni volta che faccio una chiamata devo aspettare almeno otto minuti prima di poterne fare un’altra; quindi, se poco poco si tratta di un’emergenza e sbaglio a digitare il numero, prima che riprenda la facoltà, che è poi quella propria di tutti i telefoni e cioè chiamare, sono morto. Un PC che è la composizione di pezzi vari, dall’età che va dai sei mesi ai nove anni (vedasi monitor e stampante, che non stanno proprio bene bene insieme, non sono caratterialmente compatibili diciamo!) Messaggio subliminale: portatile, portatile, portatile!!! Quindi ora (in senso lato) è il mio turno. Ci aggiorniamo a Dicembre e vediamo come stiamo messi, intanto stilo la lista delle cose che vorrei, eh ragà?!

M.

Ah, domani, cioè oggi (dipende da quando leggete, può essere anche ieri se lo leggete dopodomani!) (a volare a bassa quota) non ci sto. Vado ad Ancona (a fa’ che?), al novantanove per cento a perdere tempo. Però si sa che quell’un per cento ha fatto la felicità di qualcuno. (Chi? Presentatelo e lo sfascio di mazzate!) Quindi, credete sempre al vostro un per cento! Ciauz! (A questo punto su MSN esce la faccina verde che saluta e poi scivola, sbatte il muso, e cade giù.)

Gigggi, ti amo! (BUUUUUUUUUUUUUUUU!)

Hanno vinto Giò Di Tonno e Lola Ponce. (Chiii?) Con una canzone un po’ orrenda, scritta dalla Nannini, ma casualmente non cantata dalla Nannini. Ebbene sì, il Matto ha toppato la previsione, ma non di tanto direi, anzi, di un’anticchietta proprio. Infatti, se scendiamo di un gradino, chi ci ritroviamo come una sanguisuga assatanata di premi, danaro, e potere? Naturalmente Super Taty che ormai a Sanremo è una garanzia: la sua bella palmetta se la becca comunque e, male che vada, se le può sempre rivendere su E-Bay e camparci di rendita. Anna peccato, ce l’avevi quasi fatta. Purtroppo hai dovuto affrontare un nemico invincibile. Lo stereotipo del vincitore perfetto di Sanremo. Duetto d’amore, volete mettere?! Si sa, i duetti funzionano eccome al Festival. Basta ricordare i Jalisse (e ti pare facile? Va be’ comunque era un duetto e hanno vinto), Ron e Tosca che fra cent’anni si ripresenteranno insieme con l’inedito Ci siamo rincontrati cent’anni dopo, Aleandro Baldi e Francesca Alotta (ehhh?), dai su, quelli che cantavano non amarmi per il gusto di qualcosa di diverso… e come potremmo dimenticare Amedeo Minghi e Mietta col loro trottolino amoroso dudù-dadadà. Tra l’altro mica me n’ero accorto che s’erano ripresentati tutti e due. Ma pare che Amedeo si sia molto arrabbiato con Mietta che, convinta ormai di aver raggiunto l’agognato successo, l’ha un po’ snobbato in questi anni. Infatti alla sua proposta indecente Baciami adesso Amedeo risponde con la sua Cammina cammina. Per la serie: ma vatti a dormire Mié!
Terzo Vasco Rossi. Va be’ schifo non fa quella canzone, però ho come la sensazione che per il giovane Fabrizio Moro sia ora di sbaraccare e tornare a casa. Ma a noi questa classifica non piace mica tanto eh! E allora, visto che sono stati assegnati premi su premi, la Stanza vuole assegnare due riconoscimenti speciali a quelli che secondo la giuria di qualità (il Matto) sono i veri vincitori del Festival. Vincitrice assoluta è Loredana Berté che si presenta in coppia con una drag queen del Mucca Assassina (ah no, è Ivana Spagna). Ok, l’ho presa in giro, c’ho scherzato su, sempre con la massima ironia, ma Loredana Berté ha dimostrato che si può vincere anche venendo esclusi dopo la prima serata. E l’ha dimostrato togliendosi per una volta quegli occhiali neri che sono sempre stati il suo scudo alla vita, che tanto bene non gliene ha mai voluto. Quindi rigodiamoci l’esibizione di Loredana. Guardate che meraviglia e che emozione quando Pippo le consegna il premio della critica Mia Martini. Probabilmente il più bel momento di questo Festival. Io mi sento di ringraziarla, per l’amore immenso che brillava nei suoi occhi, e per quel sorriso. Non è facile vedere Loredana Berté ridere, eh!


Altro vincitore del 58esimo Festiva di Sanremo è senz’altro il pubblico dell’Ariston. Non perché ha sostenuto i giovani, o ha applaudito calorosamente gli artisti o per altre robe simili. Ma per questa scena splendida: CLICK !
Grazie platea, perché lei c’è rimasta veramente malissimo!
Anche quest’anno è andata. Questo Festival non se lo ricorderà nessuno, e meno male! Ascolti ai livelli più bassi di sempre, probabilmente l’ultimo presentato da Baudo, canzoni inutili, vincitori anonimi. (Se Giò e Lola hanno potuto partecipare tra i Big per aver fatto un musical, l’anno prossimo prepariamoci ad ascoltare l’inedito di Garrison! Ma non esistevano delle regole precise per essere un Big, o quelle regole ora non valgono più visto che i big veri si rifiutano?!) comunque è stato un piacere. Il Matto dalla sua Stanza a motore, direzione L’Aquila, ringrazia tutti coloro che hanno permesso ciò: la commessa del forno che ogni mattina mi teneva aggiornato su quanto accaduto la sera prima, i lettori della Stanza, gli amici, i parenti, il cane e le tartarughe. Grazie insomma a chi ha visto Sanremo per me. Da Sanremo è davvero tutto. All’anno prossimo! (Sempre se non ci chiudono prima, e se Sanremo esisterà ancora.)

M.

Cari fratelli adesso basta, facciamo fare ai grandi una figuraccia alzando forte la nostra voce, per ogni bambino che hanno messo in croce!”
Grazie Loredana!

Il mio amico (ancora per poco), canta (purtroppo) Anna Tatangelo!

È finalmente giunta l’ora (era giunta da giorni, ma il caso Berté è balzato in testa) di piegarci e ripiegarci dalle risate, al cospetto dell’inarrivabile arte della signorina Tatangelo. Prima di entrare nel vivo del suo testo, devo dirvi che quando è scesa dalla scala con passo contratto non l’ho mica riconosciuta. Per un attimo ho gridato un po’ atterrito, ma felice che finalmente Tutankhamon fosse giunto a inglobarla, e invece, sotto quel trucco da faraona, c’era proprio lei: Super Taty intrappolata in un vestitino nero che lasciava intravedere, come giustamente notato da una simpatica amica lettrice, le tette rifatte per l’occasione. La sua canzone è dedicata ad un amico omosessuale. Il titolo è: Il mio amico, e fin qua niente di strano (anche se il nauseabondo odor di banalità già comincia a stuzzicarci il nasino). Gliel’ha scritta, che ve lo dico a fa’, Gigggi suo, che la ama con tutto il suo amore/cuore, l’abbraccia, se la tromba e, dato non poco significativo, la produce praticamente da quando aveva sedici anni. Anna, che con grande coraggio definisce la sua canzone impegnata, si lancia quindi nel sociale (perché non da un balcone invece?!). Come al solito mi limiterò a inserire qualche commentino sempre e solo sincero a fianco al testo. E, con la consueta premessa, divenuta un po’ il motto della Stanza: chi s’offende è fetente! possiamo partire. 

Il mio amico

Il mio amico che non dorme mai di notte (va be’, dormirà di giorno!)
Resta sveglio fino a quando fa mattina (Anna, che lavoro fa il tuo amico?)
Con il viso stanco e ancora un po’di trucco (ops; comincio a capire.)
Lascia i sogni chiusi dentro ad un cuscino (scusate, ma che è una cassaforte ‘sto cuscino? (Buono a sapersi!) Se è sicuro come quello che la Berté ha sventrato per trasformarlo nel suo bianco cappuccio, non mi sentirei tanto tranquillo. Anna perdonami, ma io proprio non c’arrivo al significato di cotali metafore!)
Il mio amico ha molta luce dentro gli occhi
Per guardare chi non c’è
(cioè vede cose che gli altri non vedono?Anna, stai attenta che ‘sto ragazzo tanto bene non sta!)
Fa di tutto per assomigliarmi tanto, vuole amare come me (io ho come la sensazione che ti si voglia fregare Gigggi tuo!)
Ma poi si chiude dentro di sé (ah, pensavo dentro al cuscino!)
Il mio amico s’incammina per la strada
Fa un accenno e ti saluta col sorriso
(ecco, ora comincia a riparlare, non si sa con chi. Chi è che saluta, un amico del tuo amico?)
Nel suo sguardo attento e un poco malizioso
Per avvicinarsi trova mille scuse
(tipo: “Ciao, sono l’amico di Anna, volevo solo dirti che le tue canzoni mi fanno spappolare le interiora ogni volta che le sento, grazie Gigggi!” Lo vedi Anna che il tuo amico ci sta a prova’?!)
Il mio amico avvolto dentro l’amarezza (come il ripieno di un tortellino)
Mi fa tanta tenerezza (leggasi: pena. Comincia a palesarsi la reale opinione che ha Anna del suo caro amico.)
Anche quando nasce l’alba più sicura
Poi di notte gli regala la paura
(chi è il soggetto?)
Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te
(lo chiedi a lui? Cosa vuoi che ti risponda?)
L’amore non ha sesso
Il brivido è lo stesso
(le solite incredibili rime ottenute modificando una sola lettera, e aggiungerei un bel: ma buttati nel cesso! che ci sta benissimo.)
O forse un po’ di più (attenta, che Gigggi ci sta a pensa’!)
Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te
Se il cuore batte forte
Dà la vita a quella morte che vive dentro te…
(forte/morte, ci risiamo: Gigggino cambia una lettera e il gioco è fatto. Un talento creativo senza eguali.)
Il mio amico cerca un nuovo fidanzato (Preferibilmente che si chiami Gigggi! Anna, stai facendo un appello dal palco dell’Ariston per trovarglielo?)
Perché l’altro già da un pezzo l’ha tradito (e va be; l’importante è saperle portare con eleganza le corna. Tu dovresti saperne qualcosa.)
Dorme spesso accanto a me dentro al mio letto (ma quando? Prima hai detto che non dorme, ora dorme accanto a te? Ah, anche tu dormi di giorno? Oddio, che scemo, come ho fatto a non pensarci prima?! È così ovvio: tu e il tuo amico fate lo stesso mestiere!)
E si lascia accarezzare come un gatto (ma cos’è, una bestiolina? Comunque che razza? Con quello che costano…)
Il mio amico mi confida le sue cose
Anche quelle che non sa
(Anna, vuoi il numero dello psichiatra di mia madre? Lo porti da lui che è bravino anche se con lei non è che stia ottenendo risultati granché apprezzabili.)
Poi mi guarda mentre spegne il suo sorriso
Spera sempre in quell’amore che non ha
(e che tu ormai manovri come un vecchio burattino!)
Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te
L’amore non ha sesso
Il brivido è lo stesso
O forse un po’ di più
Nel cammino dell’amore
Scende sempre quel dolore dentro te
(non dico tanto, ma un attimo di felicità ‘sto ragazzo l’avrà pur vissuto?!)
C’è chi ti guarda con disprezzo (addirittura!)
Perché ha il cuore di un pupazzo dentro se (ah, pensavo fuori!)
A chi dice che non sei normale (che banalità! Che banalità! Che banalitààà!)
Tu non piangere su quello che non sei
Lui non sa che pure tu sei
(lui chi?)
Uguale a noi e che siamo figli dello stesso Dio (che strazio! È uno dei passaggi più ridicoli che abbia mai letto/ascoltato. Lascia senza parole persino me (non so se vi rendete conto). L’unica cosa che mi viene in mente è pregare quello stesso Dio di fulminare chi ha partorito ‘sta roba, e sappiamo tutti di chi stiamo parlando!)

Ora ditemi se questo è un tributo ad un amico gay, o  la ridicolizzazione dell’omosessualità. Anna, col tuo solito polpettone di frasi fatte hai toppato in pieno, e non avevamo dubbi, ma secondo me Sanremo lo vinci lo stesso! (Il Matto ha parlato!) A proposito, ieri tra i giovani ha trionfato un duo veronese i Sonhora, la versione (mica tanto) maschile di Paola e Chiara, quelli che dal commento di Dani al precedente post si sarebbero ispirati non poco (copiato, sì!) a Damien Rice. L’ho ascoltati nel Bignami Aristoniano e niente, cari fratellini. Saluti e baci, e addio! perché non credo che mai vi risentiremo. Invece sentiamoci Anna!



Se proprio non ce la fate ad ascoltarla tutta andate alla fine del video quando lei, da grande vegliarda della comunicazione, portatrice di incredibili e nuove teorie sulla vita afferma: “L’importante è che sia arrivato il messaggio e un’emozione!”.
Quale messaggio dovrebbe essere arrivato? A meno che tu non abbia inviato un sms a Gigggi prima dell’esibizione, mi dispiace, Anna, ma non è arrivato proprio niente, come accade ogni volta che canti. Ti viene solo voglia di cambiare canale. Ah, appena qualcuno sa i risultati venga a dirmi per favore chi ha vinto Sanremo; perché naturalmente stasera ho altro da fare.

M.