Strani casi da CC

L’aria da centro commerciale è, a quanto ho avuto modo di constatare, molto pericolosa. Io, Lu e Nicco decidiamo di andare al Gran Sasso a Teramo (non la montagna dai!). È nuovo, ha il triplo dei locali dell’Aquilone, la Conad è il doppio di quella di qua, e c’è ben un negozio che mi piace: Cotton & Silk, ma, visto che non percepisco soldi e mi pare di aver appena fatto al gradevole luogo già troppa pubblicità, andiamo avanti. In autostrada, seppur ancora lontanissimi dal CC (che da questo momento non è più l’abbreviazione di Conto Corrente, ma di Centro Commerciale), si verifica il primo fenomeno di alterazione neuronale, che colpisce Niccolò. Luca, con la sua guida sportiva, si appresta a superare una macchina targata FR. Niccolò, ispirato dalla sigla della targa, impreca simpaticamente: “Frocio!” rivolto al guidatore della macchina. Accostandoci per ultimare il sorpasso notiamo che all’interno dell’abitacolo vi sono due suore.
Nicco sussulta: “Oddio!”.
“Lo sai che hai appena peccato?” (Il Matto versione papa Matto XVI)
“Perché?”
“Beh, hai dato del frocio a due suore.”
“Ma a chi, a quelle due mignotte?”
“…”
Mentre papa Matto chiede a Diopadre di perdonare il fanciullo perché non sa quello che dice Niccolò si volta verso il finestrino e amorevolmente: “Ciao ciao, sorelle!” e fa ciao-ciao con la manina e un sorriso a mille denti.
Arriviamo al CC; parcheggi immensi, tutti colorati, e affollati. Gira che ti rigira, stremati, notiamo la luce della retromarcia accendersi in un’automobilina che si appresta a liberare un posto. Luca inchioda e si mette in attesa poco dietro. La macchina alterna piccole retromarce a ritorni in prima, avanza e torna indietro, e non esce mai, chiaramente pilotata da una donna (e scusate, ma ci siete sempre voi in mezzo quando si parla di impediti alla guida). Finalmente ce la fa, ma ecco che proprio mentre Luca sta per infilare la machine (automobile, per chi ignora l’Inglese che io, com’è evidente dall’uso che ne faccio, domino.) nel posto che pazientemente abbiamo atteso, arriva quella che da noi si chiama La Fregna di Pianola (lo so che il termine fregna non è proprio dei più delicati, ma tranquillizzatevi, oh voi benpensanti, perché a L’Aquila non indica quella ben specificata parte del corpo femminile dove non batte mai il sole (a meno che non sia qualche bella (o brutte) donzella ad esporla ai tiepidi raggi della nostra stella), ma la classica tipa che arriva, si crede di essere furba e fregare tutti, saltare le file, i semafori, le precedenze. Non so perché si dica proprio di Piànola che è un quartiere in periferia (non Pianòla, mi raccomando), si vede che là di esemplari del genere ne è stata rilevata un’abbondante quantità.) e rombante ci frega il posto. È qua che scatta il secondo episodio di alterazione neuronale da CC, che stavolta coinvolge me, Luca, e la sgradita e sgradevole signora.
“Scusi eh, ma siamo fermi qua da un quarto d’ora!”
La signora scende dalla macchina, soddisfatta per il parcheggio che ci ha appena sottratto, e con tono tronfio: “Avevo capito che stavate aspettando che uscisse un’altra macchina!”.
“No stavamo aspettando che si liberasse il posto che poi ha preso lei.”
“No voi stavate aspettando un altro posto!” [?]
La signora, dopo aver emesso la sentenza, prende una corsa inaspettata verso le porte scorrevoli dell’entrata, evidentemente timorosa che in tre potessimo prima farle del male e poi costringerla a portare via la macchina e il suo vecchio culo dal nostro posto, ma non può finire così. La strega cattiva è riuscita a scappare, ma qualche parolina dietro le va detta e allora il matto: “Lo sapremo noi che macchina stavamo aspettando cazzo, no?”.
Il terzo e ultimo fenomeno si manifesta ieri mattina all’Aquilone. Il matto aspetta un suo amico fuori dai bagni. Esce uno sui trentacinque che comincia a fissarlo. Cammina e lo fissa. Cammina e lo fissa, lo supera e a voce borbottante, ma non abbastanza soffusa per fregare il matto-radar (che comunque è un po’ sordo, diciamolo!): “Ma che cazzo vuole questo?”. (Io?) Il matto, naturalmente alterato neuronalmente (?) libera un roboante: “Ma che cazzo vuoi tu!”.
 
M.