Sorriso di ZECCA

L’ho vista, piccola e malefica.
Grigia, se ne stava immobile pensando di confondersi nel marrone del pelo di Iker, e farla franca. È comodo succhiare, al sole caldo dell’estate. Mangiare senza muovere un solo passo. Aver sempre a disposizione un passaggio per ogni destinazione. Ingrassarsi e ingrossarsi senza neanche fare rumore. Insomma, per quanto cara, non ho potuto che sterminarla. OK, c’ha messo parecchio a morire, ma non posso credere che anche solo per un istante abbia pensato di potercela fare.
Ho strappato un quadrato di Scottex dal rotolo, l’ho bagnato nell’alcol, e l’ho premuto sul suo culo al cielo. È così che si fa perché se tirassi via con forza, bastarda com’è, lascerebbe i suoi aculei nella carne, come ultimo dispetto prima di crepare. È  venuta via leggera, nello Scottex. Credevo di averla soffocata, mi sbagliavo. A terra s’è ripresa. Velocissima sui sampietrini. Ho sentito una rabbia incondizionata crescere dentro. L’ho schiacciata col piede, ma quella stronza ha tentato ancora di prendermi per il culo, fingendosi morta, per illudere i miei istinti di una soddisfazione solo apparente, e poi fuggire e aggrapparsi al sangue di qualcun altro.
L’ho schiacciata ancora. E ancora.
E ancora.
Ma cos’hai al posto della pelle, una corazza?
Quella debole e perforabile carne che cede al peso di una forza cento milioni di volte maggiore. E invece no. Cammina e corre, confusa sì, ma viva. E poi si ferma. Crede di aver percorso chilometri, esser sparita dal mio raggio; non può vedere quanto è vicina e ridicola. Respira un attimo, io intanto tiro fuori dalla tasca dei jeans, quelli un po’ a zampa con la zip gialla, il mazzo di chiavi di casa. Quella del portoncino blindato mi pare la più adatta. Lunga abbastanza da garantirmi una rassicurante distanza, mentre la costringo tra ferro e pietra, e premo, cavolo se premo. Di più di quanto servirebbe, in fondo è solo una piccola zecca e non può che vivere così. Di più, perché sono incazzato. Di più, perché non posso farlo con chi è sempre lì, aggrappato alla mia aria; che passeggia sulla mia strada e sorride, convinto che non mi accorga di quanto sia finto quel suo sorriso, nuovo di zecca.
 
M.